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Ida Bonfiglioli, ebrea antifascista ferrarese, a novantanove anni festeggia la visita del nipote con un gesto guascone: una gita a tutta velocità sulla sua spider. Ha ancora lo stesso spirito anticonformista e battagliero della gioventù quando il 21 settembre 1941 corre al tempio israelitico della sua città per fotografare lo scempio operato dai fascisti che distruggono arredi e oggetti sacri. Suo marito è già stato mandato al confino per la sua opposizione al regime e i due figli cacciati dalla scuola. In un racconto-intervista, la protagonista, ripercorrendo le vicende drammatiche della sua famiglia, narra un secolo di storia italiana, dal padre irredentista che si lascia morire a Vienna pur di non combattere per l'Austria, alle leggi razziali, alla strage della lunga notte del '43 e alla fuga in Svizzera durante la quale la madre viene catturata dalle SS. E lo fa infilando gli occhiali nelle cui stanghette è celato l'apparecchio acustico, gli "occhiali del sentimento" come li chiama, giocando sul doppio senso fra udito e cuore. Ne emerge il ritratto di una donna lucida e dalla grande umanità che sopporta lutti e dolori con un'arma formidabile: quella dell'ironia. Profonda conoscitrice della musica classica, lettrice vorace di gialli, Ida accanto al ricordo dei parenti mai più tornati dai lager descrive i giorni spensierati delle partite di tennis in casa dello zio Silvio Finzi-Magrini, alla cui figura si ispira Giorgio Bassani nel romanzo "II giardino dei Finzi-Contini". E ancora rievoca la ricostruzione postbellica attraverso aneddoti e curiosità sui concerti organizzati a palazzo Bonfiglioli con grandi pianisti come Benedetti Michelangeli e Dallapiccola. Un libro che parla di passione politica e coraggio, di processi della vergogna e gesti di altruismo. E del piccolo segreto che Ida nella sua lunga vita non ha mai svelato.